lunedì 19 novembre 2012

l'innocenza dei musulmani, Odifreddi e Sofri


1) - FANATISMO MONOTEISTA di Piergiorgio Odifreddi
Corriere della Sera, 12 settembre 2012

Un egiziano cristiano di nome Morris Sadek ha messo in rete lo spezzone di un film, girato da un ebreo israeliano di nome Sam Bacile, intitolato L’innocenza dei musulmani, nel quale si mostra Maometto che ficca la testa fra le gambe di una donna. Naturalmente, i cento donatori ebrei che hanno finanziato con cinque milioni di dollari l’arguta opera, e il pastore cristiano Terry Jones della Florida (noto per accendere falò con il Corano) che l’ha presentata, volevano provocare. Ci sono riusciti, ed è scappato il morto: per ironia della sorte, l’ambasciatore statunitense in Libia, liberata da una guerra iniziata con i bombardamenti di Obama.
E’ l’ennesimo episodio del fanatismo religioso mediorientale, nell’esplosiva miscela ebreo-cristiano-musulmana sintetizzata dai seguaci dei famosi Tre impostori di un omonimo libro di qualche secolo fa: Mosè, Gesù e Maometto. Completamente fantastico il primo, semimitico il secondo e realmente esistito il terzo, ma tutti accomunati, nelle finzioni agiografiche della Bibbia e del Corano, dalla pretesa di conoscere da ignoranti la verità, e di volerla imporre alle rispettive concorrenze, ciascuna contro le altre armata.
Gli ebrei, i cristiani e i musulmani si divertono molto a svillaneggiarsi a vicenda, e altrettanto molto si infuriano quando invece vengono svillaneggiati. E non può che essere così, quando ciascuno crede in quello che definisce “l’unico vero Dio”, e considera conseguentemente falso il Dio degli altri. L’idra a tre teste, poi, non è per nulla confinata alla “dannata Terra Santa” del Medioriente: ha da secoli invaso il mondo intero, compreso quello che si considera “civilizzato”. In particolare, Sadek, Bacile e Jones vivono tutti negli Stati Uniti.
Persino a Parigi, qualche anno fa, sono successi tumulti analoghi a quello di Bengasi, quando uscì il filmL’ultima tentazione di Cristo, che gli faceva fare con le donne le stesse cose che L’innocenza dei musulmani fa fare a Maometto: ovviamente, con gli stessi risultati, divertenti per gli uni e infurianti per gli altri. Bacile dice che “l’Islam è un tumore”, ma questa è solo una mezza verità: anzi, un terzo di verità, perché sono tumori anche l’ebraismo e il cristianesimo.
La verità intera è che il tumore è il monoteismo, e urge una terapia radicale per sbarazzarsene dovunque: in Medioriente, ma anche, e per noi soprattutto, in Occidente.


2) - QUELLA IRRESPONSABILE PARODIA DEL PROFETA di Adriano Sofri
La Repubblica, 13 settembre 2012

CHE un film, anche il più grossolano, o un romanzo, o dei disegni satirici, possano scatenare furia di folle e linciaggio (e pretesti di guerre e guerre di pretesti) è solo un segno della durata strenua, e spesso della recrudescenza, dello stato ferino sopra il quale la civiltà è passata come una vernice trasparente. E la smisurata differenza fra i modi di sentire e di sfruttare l' esperienza religiosa non può essere ignorata. IL COSIDDETTO reverendo Terry Jones, che si compiace periodicamente di farla grossa bruciando Corani in pubblico e si è precipitato ieri sulla nuova occasione, è un fanatico impostore, e ha una quantità di colleghi e concorrenti nella nostra parte di mondo. Ma nei giorni appena scorsi, quando si giocava il destino della bambina pachistana Rimsha, undicenne cristiana con la sindrome di Down, accusata calunniosamente di aver bruciato alcune pagine del Corano e incarcerata, non ci furono assalti alle ambasciate e nemmeno, salvo che mi siano sfuggiti, più misurate manifestazioni di sdegno di fronte a una simile infamia. Le differenze ci sono, e fanno sì che non si possa cavarsela una volta per tutte, in nome della libertà d' espressione da una parte, o del rispetto per i sentimenti altrui dall' altra. La reazione che ha improvvisamente incendiato, in un 11 settembre, il Cairo e Bengasi, e contagerà altri paesi, è opera di farabutti professionali e di folle fanatizzate, e nessun pretesto basta a giustificarle. C' è però un cartello all' ingresso del pianeta di oggi, che avvisa del pericolo d' incendio, e avverte di non giocare con le scintille. Dunque guardiamo il film, anzi il trailer del film, che ha fatto da scintilla questa volta. Ha covato a lungo, del resto, poco guardato in un paio di siti YouTube, pochissimo in un cinema di Hollywood. Poi i piromani l' hanno scoperto. Ad aprire il trailer (quasi 14 minuti sulle due ore del film intero) si ha subito l' impressione di aver sbagliato il filmato, e che qui si tratti di una parodia abborracciata. Invece è proprio lui, costato 5 milioni di dollari e tre mesi di riprese, dice l' autore: soldi e mesi buttati, quanto alla fattura tecnica. Titolo: "L' innocenza dei musulmani", che vuol dire il contrario. Il proposito è di rivelare «la vera vita di Muhammad». Si apre con l' aggressione di un manipolo di islamisti fanatici a una farmacia gestita da cristiani copti, che assassinano una giovane donna e devastano il locale. La polizia egiziana, arrivata in assetto di guerra su una jeep, non interviene: non fino a che avranno completato l' opera, ordina il loro capo. Un vegliardo musulmano ordina a sua volta ai suoi giovani scherani di dare fuoco a tutto ciò che è cristiano. Il farmacista dice ai suoi di casa che la polizia islamica ha arrestato 14 mila cristiani per costringerli a confessare gli omicidi, e formula un' equazione secondo cui l' uomo più un fattore sconosciuto x è uguale al terrorismo islamico; il terrorismo islamico senza quella x è l' uomo. Che cosaè x, sta allo spettatore scoprirlo. Dopo la premessa contemporanea, si passa alla nascita di Maometto. Sono spezzoni di racconto, com' è del trailer, e questo accentua l' effetto grossolanamente caricaturale. Un uomo giovane intima al padre di prendere il bambino con sé e di allevarlo, magari come uno schiavo. E di chiamarlo Muhammad, nome che significherebbe di padre ignoto - bastardo. Scena successiva: le visioni del giovane Muhammad sono curate da una fanciulla. «Lo vedi?» «Sì». «Metti la testa fra le mie cosce. Lo vedi ancora?» «No». Segue una scena di investitura di un asino come primo animale musulmano. Un asino parlante, che risponde alle domande, per esempio se gli piacciano le donne: no, non gli piacciono. Ora viene dichiarato il proposito di Muhammad di fare un libro a metà fra la Torah e il Nuovo testamento, per cui si chiede l' aiuto del cugino, morto il quale Muhammad, disperato, vuole andare a buttarsi giù dalla montagna, o trovare un altro espediente. Poi addestra a catturare donne bambini e animali, e uccidere tutti gli uomini. Dei bambini, usare e abusare. Quanto alla Costituzione, basta e avanza il Corano. Segue una lezione sull' eccezione per cui le donne, anche sposate, devono darsi a lui che è il maestro. Poi l' interpretazione del passo biblico sulla distruzione di Gerico: dunque ora tocca agli ebrei ritirarsi in Palestina o accettare l' estorsione. Chiunque non segua l' Islam del resto ha solo due scelte: pagare o morire. Adesso i suoi, dopo essere andati a procurargli la sposa bambina, si chiedono se non sia anche omosessuale. Un' anziana donna che ne denuncia le malefatte viene legata per le gambe a due cammelli e oscenamente squartata. Un giovane ebreo viene torturato e trucidato davanti a sua moglie, muore pregando che Dio se ne ricordi. Ora sono le sue donne che lo inseguono a colpi di ciabatta nella tenda, perché ha tradito Aisha. Ho riassunto così dettagliatamente il trailer non perché pensassi che i miei eventuali lettori non l' abbiano guardato - l' avranno fatto, per lo più - ma perché a rileggere la sceneggiatura in compendio, sia pure accanto a trivialità troppo spinte, si scopre che gran parte delle notizie su cui è costruita appartengono da sempre alla controversia storica e alla polemica anti-islamica. Offensivo degli altrui sentimenti è il modo di trattarle. Il «rispetto» - il proposito di non dare scandalo - è parente stretto dell' ipocrisia, ma una dose di ipocrisia è indispensabile ai rapporti umani, quelli privati come quelli fra i popoli e gli Stati. Gli autori di questo ridicolo film sembrano essersi proposti come ideale la mancanza di rispetto e la cialtroneria. Decidendo di essere irresponsabili, se ne sono presi la responsabilità. «Non pensavamo...», diranno loro. Nemmeno l' allora ministro in maglietta di questa Repubblica, Roberto Calderoli, pensava che avrebbero assaltato il consolato italiano a Bengasi, e che negli scontri sarebbero morte 14 persone. Succedeva sei anni fa. Qualche giorno fa hanno revocato la scorta di otto persone che senza interruzione, anche in sua assenza, presidiava una sua villa nel bergamasco. La situazione del mondo è infatti tragicomica.


3) – PICCOLA POSTA di Adriano Sofri
Il Foglio, 21 settembre 2012

Quando si scatenò la rabbia contro le vignette satiriche danesi e svedesi in cui figurava il profeta dell'islam, pensai - e lo scrissi qua in una lettera aperta al mio amico Staino - che un gran numero di giornali e giornalisti europei dovesse ripubblicarle, per dichiararsi corresponsabili dei loro autori minacciati e devoti alla libertà di opinione e di stampa. Non ho cambiato parere, benché sia almeno perplesso per l'iniziativa di Charlie Hebdo. Non cedere al ricatto del fanatismo islamista è altra cosa dal provocarlo deliberatamente, quando si deve prevederne largamente le conseguenze su altri. Qui vorrei però accennare ad un altro aspetto. E' evidente la condizione nuova in cui da alcuni anni (non pochi, ormai) si trova nei paesi di democrazia laica chiunque intenda parlare o scrivere o disegnare di argomenti che la suscettibilità islamista e i suoi demagoghi proclamano intoccabili. L'autocensura che ne è derivata è sempre in bilico fra una miglior attenzione ai sentimenti altrui e una pavidità. Bene: se ciascuno ne fa a suo modo esperienza in questa parte di mondo, con qualche imbarazzo, rimozione o vera vergogna, a maggior ragione potrà figurarsi con quale timore per sé e senso di responsabilità per i propri cari affrontino lo stesso problema cittadine e cittadini dei paesi che fanno, di diritto o di fatto, della lettera islamica la propria legge. E concluderne che se qui, quando si tratti di esprimere le proprie idee e non di farne esibizione, sembra occorrere una dose di coraggio personale e civile, là occorre una decisione pressoché eroica. Dunque la più importante e ammirevole e meritevole di sostegno concreto.1) - Fanatismo monoteista di Piergiorgio Odifreddi
Corriere della Sera, 12 settembre 2012

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